Carcere a vita. Il sostituto procuratore della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo Alessia Sinatra ha chiesto la condanna all’ergastolo nei confronti di Filippo Sciara, storico esponente della famiglia mafiosa di Siculiana, per l’omicidio dell’imprenditore Diego Passafiume, ucciso a Cianciana il 22 agosto 1993 davanti a moglie, cognata, suocera e nipoti. Era il giorno del suo diciannovesimo anniversario di matrimonio. Un delitto che per venticinque anni è rimasto un vero e proprio cold case sebbene almeno due dei testimoni oculari avessero fornito già all’epoca dei fatti precise descrizioni sul killer. Una rarità negli omicidi di mafia.
Il pm Sinatra, in una complessa e articolata requisitoria, ha illustrato l’atto di accusa che si fonda sostanzialmente su due colonne portanti: il riconoscimento dei familiari presenti durante l’agguato e le dichiarazioni del già collaboratore di giustizia Pasquale Salemi che definì il contesto e indicò il boss Giovanni Pollari, storico capomafia di Cianciana deceduto mentre stava scontando l’ergastolo, il mandante del delitto. Diego Passafiume, piccolo e onesto imprenditore del movimento terra, era ritenuto scomodo. Non si era piegato alle regole e alla prepotenza di Cosa nostra. Un appalto che faceva gola a molti, come tanti in quel periodo nella bassa Quisquina, avrebbe poi innescato la micidiale reazione. Era il 22 agosto 1993. Passafiume si era fermato con la sua Golf in contrada “Ponte padre Vincenzo” per mostrare ai suoi familiari un terreno acquistato da poco, frutto del sacrificio e del duro lavoro, prima di raggiungere casa di un cognato per festeggiare l’anniversario di matrimonio. Una Alfa Romeo 164 affiancò il veicolo dell’imprenditore e una persona armata di fucile sparò almeno tre colpi. Passafiume, reale bersaglio dell’attentato, fu ucciso mentre suocera e cognata rimasero ferite lievemente.
Per il Pubblico ministero non può non tenersi conto della linearità delle testimonianze dei familiari presenti durante l’agguato. Moglie e nipote della vittima, già subito dopo l’omicidio, fornirono importanti e precisi dettagli riconoscendo Filippo Sciara sul luogo del delitto. Un riscontro straordinario soprattutto per gli omicidi di mafia. Così come avvenuto, quasi trent’anni più tardi, nell’aula del tribunale di Agrigento con la drammatica testimonianza della moglie di Passafiume che puntò il dito verso l’imputato collegato in videoconferenza: “È stato lui ad uccidere mio marito, lo riconosco”. Filippo Sciara è un nome noto nel panorama mafioso agrigentino. Elemento di spicco della famiglia mafiosa di Siculiana, ergastolano, indicato come uno dei carcerieri del piccolo Giuseppe Di Matteo durante la prigionia trascorsa in almeno quattro covi nella provincia di Agrigento.
La svolta arriva il 7 settembre 2018 a distanza di venticinque anni dall’omicidio e dopo ben due archiviazioni: i carabinieri, in una indagine coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, arrestano Sciara. Il processo, che si sta celebrando davanti la Corte di Assise di Agrigento presieduta dal giudice Wilma Angela Mazzara, è ormai agli sgoccioli. Il prossimo 10 novembre al via l’arringa dell’avvocato Carmelo Terranova, difensore dell’imputato. Poi sarà la volta degli avvocati Danilo Giracello e Daniela La Novara che rappresentano le parti civili costituitesi: i familiari di Passafiume, il comune di Cianciana e l’associazione “ Cittadini contro le mafie”. La sentenza, dopo eventuali repliche, sarà emessa il prossimo 1 dicembre.
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